Buona la prima con Gianni Amelio
E’ l’ora dell’Italia nella corsa al Leone d’oro a Venezia 81^. Comincia Gianni Amelio con Campo di battaglia. La storia inizia nel 1918 intorno all’offensiva austro ungarica di giugno. Il centro del racconto è un ospedale dove vengono curati i feriti veri ma anche i tanti che provavano a sfuggire la vita di trincea.
Il regista ricostruisce benissimo la realtà dell’esercito italiano di allora in cui convivevano soldati che parlavano solo i loro dialetti che n on si capivano tra loro e nemmeno capivano i dottori. L’unico pensiero era tornare a casa.
Nell’ospedale si confrontano due dottori. Stefano Zorzi (Alessandro Borghi) più compassionevole nei confronti dei soldati, di cui condivide il sentimento di terrore nei confronti della guerra e Giulio Farradi (Gabriel Montesi) intriso di furore bellico per il quale anche con una mano si può combattere.
In ospedale arriva un’infermiera Anna (Federica Rossellini), eccellente compagna di studi dei due dottori che ha dovuto abbandonare l’università , a causa della mentalità di allora che non vedeva di buon occhio una donna medico, migliore dei colleghi maschi, per di più proveniente non da famiglia benestante.
Le due diverse visioni sul ruolo del medico in quell’ambiente e gli aiuti che Zorzi fornisce ai soldati purtroppo vengono scoperti e portano a delle decisioni drastiche: si passa ad una fucilazione davanti a tutti gli ammalati ed il dottor Zorzi viene allontanato dall’ospedale.
Nel frattempo oltre alla guerra armata, sta avanzando un altro nemico: l’epidemia di spagnola. Il capitano Farradi si scontra con gli ordini superiori che gli impongono di negare l’evidenza dell’epidemia che si sta diffondendo ed allora ricorre al vecchio amico Stefano e gli fornisce gli strumenti per una ricerca della malattia avanzante.
Purtroppo lo stesso dottor Zorzi rimane vittima dell’epidemia proprio mentre sta per arrivare la fine della guerra.
La prima guerra mondiale è stata portata molte volte sullo schermo con capolavori come “Niente di nuovo sul fronte occidentale” ad “Addio alle armi”.
L’impostazione del film di Amelio richiama molto alla memoria un altro capolavoro: Uomini contro, di Francesco Rosi, tratto dal libro di Emilio Lussu “Un anno sull’altipiano”, con la quale condivide il forte sentimento antimilitarista, la realtà di contadini siciliani o pugliesi strappati alle loro terre per andare a combattere per una patria che molti non riconoscevano per ignoranza, in una guerra di trincea, al freddo e al gelo, nell’altra Italia.
La bravura del regista è che, pur non mostrando alcuna scena di battaglia, riesce a trasmettere l’assurdità della guerra. In più Amelio, tirando in ballo l’epidemia della spagnola, allarga il campo a tutte le guerre, non solo quelle armate, come quella combattuta contro il Covid, ampiamente richiamato nella scena in cui la fila dei camion porta al rogo i cadaveri dei soldati morti che fa venire alla memoria la lunga fila di camion che attraversò Bergamo.
Un’opera toccante che offre molti spinti di riflessione. (Alfredo Salomone)