Con Queer Guadagnino riprende il rapporto con Venezia

Craig interpreta Lee, vero e proprio alter ego letterario di Burroughs.
 
Il rapporto tra Guadagnino e Venezia è quanto mai solido. Il Leone vinto nel 2022 con Bones and All, la mancata apertura nel 2023 con Challengers, per lo sciopero di Hollywood, con Queer quest’anno, il regista che definire italiano potrebbe essere una diminutio, si mette in gioco nel Concorso per il Leone d’oro, che ormai, da qualche anno, è diventato un viatico per gli Oscar.
 
 Queer nasce dal romanzo breve omonimo di William S. Burroughs in cui l’alter ego letterario Lee vive a Città del Messico in compagnia della pistola, sempre infilata nella fondina, alla ricerca di emozioni che gli possono dare l’alcool, gli uomini e le droghe.
 
 Aver voluto mettere in gioco un’icona del maschilismo come 007, chiamando Daniel Craig ad interpretare il protagonista è stata un’operazione coraggiosa, resa ancor più temeraria dal fargli girare delle scene di sesso esplicito, senza l'utilizzo di alcun intimacy coordinator. L’ossessione della ricerca del trittico di cui sopra viene in qualche modo rallentata quando Lee riesce ad instaurare un rapporto con il giovane Eugene Allerton, il quale però reclama la propria indipendenza da un legame che Lee vorrebbe molto stretto.
La conquista di Eugene non placa Lee che ora vuole provare l’esperienza profonda dello yage, desiderio originato dalla lettura di alcuni articoli scientifici che ne descrivevano l’uso da parte dei servizi segreti russi ed americani (siamo nel pieno della guerra fredda) per gli effetti paranormali.
 
Eugene decide di accompagnare Lee in questo viaggio nel Sud America, lo sostiene durante una lunga “scimmia” per astinenza fino a nel mezzo della foresta tropicale dove una ricercatrice si è trasferita, per studiare l’uso delle erbe da parte degli indigeni.
 
La convincono della bontà dei loro intenti e lei gli concede di vivere questa esperienza. Nonostante le avvertenze, gli effetti sono così profondi a livello della psiche più nascosta che decidono di fermarsi al primo stadio, anche se la scienziata li invita a proseguire nel percorso della scoperta dei meandri ancora più bui della loro mente. I fantasmi dell’esperienza non abbandoneranno più i due protagonisti.
 
Girato in gran parte a Cinecittà, dove è stata ricostruita quest’idea di Città del Messico, refugium peccatorum di cittadini USA, emigranti di lusso, grazie all’apporto di Cinecittà Holding nella veste di coproduttore, con una fotografia che richiama alla mente Professione reporter e il Tè nel deserto, Guadagnino mette in scena la ricerca sia del piacere ma anche quella più intima che si pone il protagonista: Chi siamo noi? Cosa vogliamo?. (Al. Sal.)