Un film per ricordare Nicola Calipari, l’uomo che sacrificò la propria vita per salvare Giuliana Sgrena. Il Nibbio, diretto da Alessandro Tonda e interpretato da Claudio Santamaria, ripercorre gli ultimi giorni di un eroe dello Stato, tra coraggio, senso del dovere e un delitto rimasto impunito.
di Pino Nano
È davvero impressionante la somiglianza fisica tra Nicola Calipari e Claudio Santamaria, e non solo per via dei baffi curati e della fronte stempiata, ma anche per il portamento e la presenza fisica che questo grande attore italiana in questo caso “presta” alla storia del più famoso eroe di stato del Novecento.
Il film della Notorious Pictures, che sarà nelle sale cinematografie di tutta Italia dal 6 marzo in poi, si chiama "Il nibbio", un film che intreccia azione e umanità, ricordando un uomo che ha messo tutto in gioco per il valore della vita.
Nicola Calipari non è solo un eroe, ma anche un uomo che ha cambiato radicalmente il modo di operare dei Servizi Segreti italiani durante gli anni Duemila. Un uomo di Stato che “ha sempre posto al primo posto la difesa della vita e il perseguimento della pace”. Storia anche di un delitto impunito.
Il ricordo forse più bello di lui porta la firma di Marco Minniti, ex ministro dell’interno, uomo chiave del sistema legato alla Sicurezza Nazionale della Repubblica, al di sopra delle parti politiche e dei pregiudizi che per anni hanno fatto da corollario al mondo dell’intelligence, e che per i primi dieci anni dalla morte di Nicola Calipari ha scritto uno degli editori più belli e più intimi di “Gnosis”, la rivista ufficiale dei Servizi Segreti Italiani diretta allora dal generale dei carabinieri Gianfranco Linzi, un intellettuale di altissimo carisma prestato al mondo dell’intelligence.
“Nicola Calipari- scriveva Marco Minniti- un eroe gentile che ha fatto onore al nostro Paese, mostrando il vero volto dell’Intelligence. Un esempio, non solo perché è Medaglia d’Oro al Valor Militare, ma anche per come ha costruito e sentito gli ultimi passi della propria vita. Di fronte a un pericolo, da autentico servitore dello Stato, ha assunto la scelta più forte: fare di sé stesso uno scudo per salvare la vita di Giuliana Sgrena, la giornalista che aveva liberato e che gli era stata affidata. Una lezione indelebile”.
Entrambi reggini, e cresciuti entrambi a pane e senso dello Stato.
“Ho conosciuto Nicola quando eravamo ragazzi; siamo stati insieme negli scout e già allora era un punto di riferimento. Infondeva sicurezza e tranquillità. Conservo il ricordo di un’estrema riservatezza e di una grande forza morale. Un vero uomo del Sud, perché ne incarnava le caratteristiche, la discrezione unita alla consapevolezza e a un elevato impegno nel lavoro quotidiano, portato avanti sempre con coraggio. E in silenzio. La parola che più piaceva a Nicola Calipari era: gentilezza. Quando ci siamo incontrati, nel corso degli anni, non parlavamo mai delle rispettive carriere. In lui ho apprezzato sempre un’incondizionata disponibilità: una caratteristica che l’ha accompagnato per tutta la vita, fino a quella sera, a Baghdad, nel momento dell’operazione più importante della sua storia di servizio allo Stato”.
Diretto da Alessandro Tonda, interpretato da Claudio Santamaria nel ruolo di Nicola Calipari, Sonia Bergamasco e Anna Ferzetti rispettivamente nei panni di Giuliana Sgrena e di Rosa Calipari, nei fatti "Il nibbio" racconta i ventotto giorni precedenti i tragici eventi del 4 marzo del 2005, quando Nicola Calipari, alto dirigente del Sismi, sacrificò la propria vita per salvare quella della giornalista del “manifesto” Giuliana Sgrena, rapita in Iraq da una cellula terroristica.
Nicola Calipari – ricordiamo-ha avuto un suo ruolo cruciale nelle operazioni in Iraq nei primi anni Duemila per salvaguardare centinaia di vita umane e mantenere la pace. Il suo omicidio purtroppo è ancora irrisolto. Il Nibbio” si preannuncia oggi come un “progetto ambizioso” per celebrare un eroe che ha sacrificato la propria vita per salvare quella di un’altra persona. Il film promette di offrire una narrazione fedele e obiettiva dei fatti, senza inventare o edulcorare la storia originale.
Da un soggetto di Davide Cosco, Sandro Petraglia e Lorenzo Bagnatori, sceneggiato da Sandro Petraglia, la realizzazione del film è stata possibile grazie al contributo della famiglia Calipari. Il progetto ha poi ricevuto il Patrocinio della Presidenza del Consiglio e il supporto di istituzioni fondamentali per la vita del nostro Paese, come il DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza), l’AISE, la Polizia di Stato, la Prefettura e la Questura di Roma. Infine, la Fondazione Med-Or -che significa Marco Minniti in persona, proprio lui l’ex Ministro dell’Interno e oggi Presidente della Fondazione-come partner culturale, che ha contribuito alla valorizzazione del film come nessun altro avrebbe potuto fare meglio.Il 4 marzo saranno 20 anni dalla sua uccisione.
“La sua dedizione e lealtà allo Stato sono stati traditi nel momento in cui la Cassazione nel 2008 mette una pietra tombale al mio tentativo di far luce fino in fondo sul “ fuoco amico” e sulle dinamiche che hanno portato a quel risultato drammatico sostenendo che l’Italia non aveva giurisdizione sui soldati americani in quanto tutelati dall’immunità derivante dalla funzione affidatagli dal loro Stato e negando però paradossalmente lo stesso principio di garanzia alla vittima che svolgeva la stessa funzione . Questa amarezza accompagna il mio dolore per la sua perdita da 20 anni”.
Rosa Villecco Calipari è la moglie di Nicola Calipari, una donna guerriera, che non ha mai smesso di sperare nella giustizia terrena, e di credere nel suo Paese, ma 20 anni dopo la morte di suo marito nessuno ha mai pagato per quel delitto.
“Il processo che si è poi celebrato in Italia- scrive il giudice Erminio Amelio nel suo libro-verità “L’Omicidio di Nicola Calipari” (edito dalla Rubbettino) - è finito prima di iniziare. “La Corte di Assise e la Corte di Cassazione hanno affermato la carenza di giurisdizione dei giudici italiani sulla base di principi consuetudinari di diritto internazionale di dubbia applicazione. Quello che doveva essere un atto di giustizia, di ricerca della verità, si è trasformato in un sostanziale atto di ingiustizia, soprattutto alla memoria di colui che abbiamo definito eroe: Nicola Calipari”.
Vi invito a leggerlo questo saggio, è un libro scritto con una meticolosità e una dovizia di dettagli e di riferimenti da fare paura, e che a pagina 39 racconta la tensione e lo sfogo di Rosa Calipari subito dopo la sentenza della Corte di Cassazione.
“Sarò io- scrive Erminio Amelio, nel tardo pomeriggio, a dare a Rosa la brutta notizia. La sua reazione pubblica non tarda ad arrivare, le sue parole sono forti”.
“Nicola Calipari non è più un eroe dello Stato.
Questa sentenza riduce la vicenda a un fatto e a un dolore strettamente privato, ma mio marito era un funzionario dello Stato ed era in Iraq per svolgere il compito affidatogli dal governo italiano.
Mi chiedo in nome e per amore di quale diritto oggi vengano negati a me e ai miei figli tutti i diritti.
Ringrazio tutti gli italiani che ancora oggi erano presenti con me in aula e quanti mi hanno inviato e-mail e messaggi di sostegno, mentre non c’era nessun collega di mio marito.
Non possiamo chiedere giustizia su quello che il popolo italiano ha definito un eroe e non abbiamo la possibilità di giudicare chi ha ucciso mio marito, al quale lo Stato italiano ha dato la medaglia d’oro al valor militare.
Forse dovrei rinunciare a questa medaglia”.